AFFRONTARE LA SHOAH ATTRAVERSO AUSCHWITZ


La mattina del 14 dicembre 2017 presso il memoriale della Shoah di Milano si è svolta un’assemblea introduttiva al viaggio della memoria. Il primo intervento di Gadi Luzzato Voghera si è concentrato sulle dinamiche generali della seconda guerra mondiale e dell’antisemitismo nel panorama storico del XX secolo. Il primo conflitto mondiale è stato un periodo di grande instabilità e insicurezza in quanto scenario di profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche. È proprio in questo momento che è nato l’antisemitismo come nuovo linguaggio politico, che intendeva fornire un’immagine distorta del popolo ebreo basandosi su stereotipi e pregiudizi. Gli ebrei rappresentavano all’epoca una popolazione minoritaria, che stava vivendo un’importante crescita demografica e che da sempre preferiva coltivare i propri interessi e le proprie tradizioni in maniera autonoma, isolandosi sempre più dalla società. Nonostante il popolo ebraico costituisse una minoranza, esercitava un ruolo fondamentale in moltissimi ambiti e ciò venne visto ben presto come una minaccia, che doveva essere assolutamente repressa. Questo isolamento della comunità ebraica venne, perciò, utilizzato  per alimentare diffidenza ed odio, che sfociarono poi nella divulgazione delle leggi antisemite. Si giunse, dunque, alla soluzione finale al problema ebraico, che introdusse la tragica realtà dei campi di concentramento e di sterminio nell’Europa del XX secolo. Se Marcello Pessetti ci ha presentato il ruolo di Auschwitz nella Shoah, Sara Berger ci ha fatto, invece, conoscere realtà meno famose come quelle di Fossoli e di Bolzano, scoprendo una decisa partecipazione anche da parte dell’esercito italiano nell’opera di deportazione degli ebrei catturati. La mattina si è conclusa poi con la relazione di Sara Berger che ci ha parlato della deportazione degli ebrei di Cracovia.
Nel pomeriggio abbiamo, invece, avuto modo di frequentare dei laboratori, che intendevano approfondire diversi aspetti del genocidio ebreo: il viaggio, il ritorno e le deportazioni femminili. Se terribile è stata la Shoah, ancora più spaventosa è stata la deportazione femminile nei campi di concentramento: le donne, infatti, sperimentavano una doppia vulnerabilità dovuta non solo all’odio antisemita, ma anche alla violenza sessista. Il comandante tedesco Raul Hilberg ricorda, infatti, che “la strada verso l’annientamento era segnata da eventi che colpivano in modo specifico, gli uomini in quanto uomini e le donne in quanto donne”. Le donne ebree dovevano di fatto vedere il proprio corpo denudato, violato, la propria maternità negata (spesso in seguito a un’opera di sterilizzazione) e subire il tormento degli affetti famigliari, la cui sorte rimase a lungo sconosciuta. Scoraggiante è, inoltre, il fatto che le testimonianze e i racconti delle donne siano stati ignorati sino agli anni ’80 e che solo con la nascita del femminismo negli anni ’70 Joan Ringelheim abbia potuto organizzare il primo seminario sul tema Donne ed olocausto, dando l’avvio alla letteratura delle deportazioni femminili.


                                                                                                                                   Silvia Oldani

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