LA MEMORIA: VACCINO CONTRO L’INDIFFERENZA


Il giorno 30 gennaio 2018, in occasione della ricorrenza della Giornata della Memoria ci siamo recati a Milano presso il Memoriale della Shoah per incontrare una reduce dell’Olocausto, di cui ancora porta nel cuore, così come sulla pelle, i segni, i ricordi: Liliana Segre. 
Le parole della senatrice a vita sono introdotte da diversi interventi, tra cui quello del Vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah, Roberto Jarach: Egli annuncia la fine dei lavori per il mantenimento del Memoriale entro il 2019, grazie alla firma di un decreto del Ministero dei Beni Culturali per lo stanziamento di fondi. Ma qual è il collegamento tra Olocausto e Memoriale? Quest’ultimo è laboratorio di convivenza e spazio di solidarietà, poiché ha accolto negli ultimi anni oltre settemila profughi. Nel contempo, memoria significa non voltarsi di fronte al dramma altrui: memoria, convivenza e solidarietà sono, quindi, profondamente legate. 
Significativo é stato, inoltre, l’intervento del Rabbino capo della Comunità Ebraica di Milano, il quale sottolinea la presenza, giá nel libro dell’Esodo, di stragi, persecuzioni, nonché tentativi parziali di sterminio del popolo ebraico: L’antisemitismo presenta, pertanto, la peculiarità di essere “vecchio, vecchissimo”, ma nel contempo è nuovo, poiché si ripete l’idea di complotto ebraico e ripetitiva è la spietatezza dell’odio antisemita. Si tratta di un sentimento che è in grado ogni volta di adattarsi alle paure, ai pregiudizi, alle novità storiche. "Guai a farsi ingannare dai vestiti nuovi che può assumere questo odio!"

Alfá, 22 anni, di origine guineense, è stato arrestato nel 2015 durante lo svolgimento di manifestazioni politiche organizzate da studenti, alle quali si è opposto violentemente il governo. All’arresto seguono torture che si prolungano per giorni; I genitori tentano in ogni modo di creare legami con il figlio in "un Paese dove non esistono i diritti umani". Alfá riesce ad evadere e raggiungere il campo profughi in Libia, dove spesso assiste a scene di violenza sessuale nei confronti di molte donne. Perché inserire la vicenda biografica di un giovane profugo nel contesto della memoria? Violenze e torture efferate, tentativi di allacciare legami con il mondo esterno, desiderio di evasione, pericolo incombente: Costanti che accomunano la testimonianza di Alfà e quella dei tanti Ebrei che hanno conosciuto in prima persona la deportazione nei campi di concentramento. 
Ed infine, l’intervento di Liliana Segre. Deportata il 30 gennaio 1944, proprio da quei binari presso cui si è battuta per la costruzione del Memoriale. Ma com’era quel luogo? Viene descritto come un antro buio, verso cui si veniva portati in camion attraversando la città silente, indifferente, la città che non aveva scelto. Solo pochi avevano scelto, coloro che avrebbero conosciuto la deportazione, di lì a poco, questa volta non per la colpa di essere nati, bensì per avere scelto.


 INDIFFERENZA, scritta in caratteri cubitali, “perché era terribile allora e lo è anche ora.” Persistono “rigurgiti di razzismo, antisemitismo, parole ormai passate di moda, che la storia aveva classificato come un periodo in cui le coscienze dovevano essere lavate da un futuro diverso”. L’unico aggettivo che Liliana Segre trova per descrivere il dramma dell’indifferenza è “osceno”: Subito dopo la guerra, non erano passati l’antisemitismo, il fascismo, il nazismo, ma erano silenti e venivano covati sotto quella cenere che doveva essere simbolo di tutti i morti, ma che, in realtà, era simbolo di indifferenza. Era impossibile, in quegli anni, tornare a parlare di avvenimenti ancora troppo vivi nella memoria, erano troppi i testimoni, troppo aperte le ferite. Ma altri genocidi sono diventati una riga nei libri di storia. “Il compito che mi sono data”, conclude Liliana Segre, “è dare voce a coloro che non sono tornati: Sono loro i veri testimoni della Shoah.” Il compito di tutti noi è, quindi, evitare che milioni di nomi diventino semplicemente “una riga nei libri di storia.”

Virginia Caccia

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